Porta Sant'Antonio Abate

Porta Sant'Antonio Abate

La porta si trova lungo il tratto occidentale della seconda cinta muraria, che tra la fine del Duecento e l'inizio del secolo successivo ampliò il perimetro della città per includere i borghi sorti attorno alla cerchia muraria originaria, in particolare il borgo di Sant’Agata.

La porta sostituì la Porta Filiamabili, ancora esistente, che chiudeva il nucleo originale del primo recinto. Per un certo periodo, mantenne la denominazione di “porta delle capre”, una delle varie designazioni assunte dalla Porta Filiamabili nel corso dei secoli, e nel Seicento fu conosciuta anche come porta del Crocifisso. 

La parte superiore, dopo aver cessato la sua funzione di alloggio permanente per il Corpo di Guardia, venne destinata ad uso privato, probabilmente all'inizio del Settecento. Inizialmente occupata senza autorizzazione, successivamente venne concessa con un canone annuo al Comune. Una deliberazione decurionale del 1816 rivela che Domenico Granata, gestore dell'antica cartiera cittadina, aveva trasformato questa sezione della porta in abitazione, pagando un affitto in due quinterni di carta e aggiungendo lo stemma della sua famiglia, con tre granate, sopra l'arco. L'atto stabiliva che lo stemma dovesse essere rimosso, ma esso è ancora visibile oggi. Inoltre, quattro anni dopo, il canone annuo fu aumentato a otto ducati. 

Il terremoto del 1706 causò il crollo del torrione adiacente e probabilmente danneggiò anche la porta, che potrebbe essere stata ribassata in quel periodo con l'inserimento di una lunetta.

Altre informazioni


L'arco ogivale esterno, confrontato con altre porte coeve, sembra databile alla fine del Duecento. L'arco nel prospetto interno e la volta a botte del passaggio sono probabilmente posteriore, realizzati con materiali meno pregiati come il laterizio e lo stucco a simulare la pietra. Entrambi gli archi sono stati ribassati con lunette; quella della facciata interna conserva i resti di un affresco raffigurante Sant’Antonio da Padova. Tuttavia, la denominazione della porta come Sant’Antonio Abate è confermata da documenti storici e dai versetti del Rituale membranaceo, conservato nel Museo Diocesano d’Arte Sacra di Santa Chiara, che fa riferimento a Sant’Antonio Abate come protettore della malattia conosciuta come “fuoco di Sant’Antonio”.

Sulla parete sinistra del passaggio si trova una porticina che dava accesso alla gradinata che portava al Corpo di Guardia soprastante. La facciata esterna della porta è interamente intonacata, con lo stemma della famiglia Granata posizionato sopra l’arco. Questo stemma è sormontato da una fascia orizzontale con cornice aggettante che riporta la denominazione della porta. Il balcone centrale, le finestre squadrate e le ulteriori aperture di epoche diverse indicano che la struttura è stata adattata per uso abitativo nel tempo.