Porta Saccoccia

Porta Saccoccia

La porta si trova lungo il tratto orientale della seconda cinta muraria, che tra la fine del Duecento e l'inizio del secolo successivo ampliò il perimetro dell'abitato per includere i borghi cresciuti vicino alla prima cerchia, in particolare il Borgo Pacentrano. Il varco è situato all'estremità meridionale di questo borgo.

La datazione della porta rimane oggetto di discussione tra gli studiosi. Una teoria suggerisce che la data 1755, visibile su uno stemma situato sopra la porta, indichi la sua apertura dopo il terremoto del 1706, probabilmente intorno alla metà del XVIII secolo. Altri esperti ritengono invece che l'accesso esistesse già prima, basandosi su una incisione dello Hogenberg (1572-1618), che mostra un accesso minore nel Borgo Pacentrano, a est di Porta Nuova (oggi Porta Napoli), che potrebbe corrispondere a questa porta.

Dal Cinquecento, la porta è anche conosciuta con il soprannome "Saccoccia", probabilmente derivato dal nome di una famiglia residente nelle vicinanze. Sebbene non vi sia documentazione più antica, è evidente che il varco esisteva prima della data incisa sullo stemma. Infatti, il disegno del complesso conventuale di Santa Chiara, tratto dal Catasto del monastero redatto nel 1704-5, mostra un accesso simile, anche se non specificamente denominato “Saccoccia”.

La porta è costituita da un arco a sesto ribassato, sostenuto da due piedritti in blocchi squadrati di pietra. È possibile che in passato ci fossero mensole d’imposta; il piedritto sinistro mostra un blocco di spessore ridotto a circa due terzi della sua altezza, che potrebbe aver avuto tale funzione. Il piedritto destro è fortemente smussato e riparato con cemento. All’interno della porta sono ancora visibili i supporti di legno dei cardini e un alloggiamento in pietra.

Le strutture attuali della porta, piuttosto modeste, risalgono al XVIII secolo, come indicato dallo stemma con la data 1755, e dalle altre due date 1729 e 1864, che potrebbero riferirsi a lavori di ripristino. Lo stemma raffigura una pecora, suggerendo un legame con il nome "Saccoccia" e con Pietro Antonio Pecorillo, un membro della famiglia Saccoccia e proprietario di una conceria, che probabilmente si occupò del restauro.